• Terminò quel corso senza convinzione, ma poi si orientò di propria iniziativa verso la Scuola di Belle Arti di Lisbona, dove cominciò a studiare pittura. Studiò anche musica sotto la guida del compositore Fernando Lopes Graça: Mário era un pianista di talento.
|
• Tuttavia il padre, infuriato, gli proibì di proseguire quell’orientamento di studi. Ma nel frattempo, avendo frequentato i vari circoli letterari dei caffè di Lisbona, egli aveva già incontrato alcuni dei suoi futuri compagni del surrealismo portoghese. Inizialmente si lasciò coinvolgere dalla corrente neorealista (che incarnava la resistenza allo Stato nuovo di Salazar). Ma presto ne prese le distanze, quando scoprì il surrealismo.
|
• Nel 1946, partì per Parigi e, grazie ad una borsa di studio, frequentò l'Académie de la Grande Chaumière, fulcro della vita artistica di Montparnasse. Entrò allora in contatto con André Breton. Di ritorno a Lisbona l'anno seguente, fondò con Alexandre O'Neill, con lo scrittore António Pedro e i pittori Cândido Costa Pinto e João Moniz Pereira un primo gruppo, il Gruppo Surrealista. La sua posizione controversa nella difesa del surrealismo autentico lo indusse però a rompere con quel gruppo l'anno successivo, per creare insieme con Pedro Oom e António Maria Lisboa, un gruppo dissidente, Os Surrealistas. Consolidò poi la sua posizione nel Manifesto Abjecionista in cui raccomandava una costante insubordinazione ai precetti esistenti.
|
• In quanto principale critico e teorico di questo movimento, Mário fu coinvolto in numerose controversie letterarie nel corso di tutta la sua carriera, sia contro i detrattori del surrealismo, sia contro quelli che, nella pratica letteraria, lo snaturarono.
|
• Alla fine degli anni ’40 il padre Viriato abbandonò la famiglia e si trasferì in Brasile con un’amante. Questo fece sì che Mário si riavvicinasse alla madre e alla sorella Henriette. Per mantenersi fece traduzioni, in particolare di Arthur Rimbaud e Novalis; si dedicò alla pittura, ma anche, e soprattutto, alla poesia, che scriveva nei caffè di Lisbona; e verso la fine della decade, collaborò con la rivista Pirâmide. Il suo editore era allora Luiz Pacheco, fondatore della casa editrice Contraponto che pubblicava i principali autori dell’epoca.
|
• In questo stesso periodo cominciò ad essere seguito e posto sotto sorveglianza dalla polizia giudiziaria, per "sospetto vagabondaggio", costretto all'umiliazione di controlli ed interrogatori periodici, a causa della sua omosessualità, della quale egli non fece mai nessun mistero. Dovette attendere il 25 aprile 1974 (la rivoluzione dei garofani) per veder porre fine alla tormentosa persecuzione da parte della polizia.
|
• Malgrado l’eccellenza della sua scrittura, Mário, cui era venuto a mancare l’appoggio finanziario della sua famiglia, incontrò innumerevoli ostacoli alla pubblicazione dei suoi scritti, sicché a partire dalla metà degli anni ‘60, pur continuando a scrivere e a pubblicare, finì per dedicarsi alla pittura, come principale mezzo di sussistenza.
|
• Mentre la sua prima raccolta di poesie, Corpo visivel, pubblicata nel 1950, rifletteva il gusto per l'osservazione ironica della realtà urbana e l'influenza di Cesário Verde, la seconda Manual de prestidigitação, del 1956, e la terza, Pena Capital del 1957, si orientò decisamente verso la pratica surrealista ricorrendo al sarcasmo e all’assurdo (elencazioni caotiche, umorismo macabro, imitazioni caricaturali, giochi di parole).
|
• Scrisse per il teatro, Um Auto Para Jerusalém, il pastiche d'un racconto di Luíz Pacheco fortemente influenzato dallo stile di Luigi Pirandello e di Alfred Jarry.
|
• Negli anni ‘80, dopo la pubblicazione di due volumi antologici di manifesti e di testi sul surrealismo, abbandonò la poesia per dedicarsi completamente alla pittura, ambiente in cui la sua fama si era ormai consolidata. La sua opera poetica venne allora ripubblicata da Manuel Hermínio Monteiro e riscoperta da una nuova generazione di lettori.
|
• Mário trascorse gli ultimi anni della sua vita con la sorella maggiore Henriette (scomparsa nel 2004). Contrariamente al suo abituale comportamento schivo, si aprì ai mezzi di comunicazione concedendo frequenti interviste e parlando della propria vita privata. Nel 2004, Miguel Gonçalves Mendes realizzò il documentario Autografia, un film intenso e commovente, in cui egli si espose e si rivelò in maniera totale.
|
• Mário Cesariny morì il 26 novembre 2006, di cancro alla prostata, di cui soffriva già da anni. Fece dono del proprio patrimonio alla Fondazione Cupertino de Miranda e, per testamento, lasciò un milione di euro alla Casa Pia. Inizialmente fu sepolto nel Talhão dos Artistas del Cimitero dos Prazeres, a Lisbona. L’8 dicembre 2016, i resti mortali del poeta furono traslati in una tomba individuale, con una solenne cerimonia presieduta dal Presidente della Repubblica Marcelo Rebelo de Sousa, alla presenza di numerose autorità.
|
*
|
Nessun commento:
Posta un commento