• Suo nonno Manuel e suo padre Zaél Menezes, militare riformato, erano entrambi affiliati alla massoneria; sua madre Nair Loureiro, era insegnante di storia e filosofia. Caio iniziò a scrivere molto precocemente - a 6 anni, ci dice - e all’età di 14 anni, in occasione di un concorso organizzato dal suo liceo, ottenne un grande successo con A maldição dos Saint-Marie, melodramma ambientato in un castello dei Pirenei.
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• Nel 1966, Caio fece il suo debutto in letteratura pubblicando il suo primo racconto O Príncipe Sapo sulla rivista "Cláudia" e cominciò ad abbozzare il suo primo romanzo autobiografico Limite Branco. L'anno seguente, si iscrisse ai corsi di Lettere e a quelli d'Arte drammatica, all'Università federale del Rio Grande do Sul (UFRGS). Ma assai presto, Caio abbandonò gli studi e si stabilì a São Paulo per unirsi, in quanto giornalista, alla giovane équipe del periodico “Veja”. In un’epoca che vide emergere la corrente del tropicalismo, con artisti come Caetano Veloso o Glauber Rocha, il paese conobbe una grande instabilità: ci furono scioperi e manifestazioni studentesche contro la dittatura militare che aveva decretato l' AI-5, ovvero l’Ato Institucional nº 5, con il quale furono abrogati un gran numero di diritti costituzionali e accordati poteri straordinari al presidente. E, nel 1968, Caio, il cui nome figurava nella lista delle persone ricercate dal DOPS (Departamento de Ordem Política e Social), dovette rifugiarsi per un po’ di tempo a Campinas, nella proprietà della poetessa Hilda Hist. In questo periodo pubblicò la sua prima raccolta di racconti Inventário do Irremediável per la quale avrebbe ricevuto il premio Fernando Chinaglia.
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• Il romanzo Limite Branco comparve nel 1970 e l’anno successivo, Caio si trasferì a Rio de Janeiro, lavorando come redattore per le riviste “Manchete” e “Pais e Filhos”. Poi, di ritorno a Porto Alegre, collaborò con il giornale “Zero Hora” e con il “Suplemento Literário de Minas Gerais”. Nel 1973, intraprese un viaggio in Europa: visse, tra l’altro, a Stoccolma e a Londra, e per far fronte alle proprie necessità di sopravvivenza, lavorò come cameriere, lavapiatti e modello per un fotografo. Quando tornò in Brasile, riprese a scrivere con rinnovato entusiasmo e pubblicò: Ovo Apunhalado. Quest’opera, che subì vari tagli da parte della censura per oltraggio alla morale, fu riconosciuto dalla rivista “Veja” come uno dei migliori libri dell’anno 1975. Non aveva che 26 anni quando cominciò a lavorare come autore e attore per la troupe del teatro Provincia e come critico teatrale alla “Folha da Manhã”. Continuò a scrivere per la stampa alternativa e verso la fine degli anni ‘70 si stabilì a São Paulo, dove collaborò come redattore per il periodico “Pop”.
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• Gradualmente la situazione politica in Brasile migliorò nel corso del decennio ‘80. Caio diede allora alle stampe le sue opere più celebri: Morangos Mofados, Triângulos das Águas che ottenne il Premio Jabuti, Os Dragões Não Sabem o Paraíso e la pièce A Maldição do Vale Negro che ricevette il Premio Molière. Durante questo periodo si spostò sovente tra São Paulo e Rio de Janeiro, per lavorare nelle redazioni di diversi editori, giornali e riviste come “Leia Livros”, “Isto É”, “A-Z”, “Caderno 2”. La situazione economica del paese si riprese anche grazie al Plano Cruzado che ridusse l’inflazione, consentì la crescita dei consumi e dei posti di lavoro. Una nuova Costituzione Federale Brasiliana venne promulgata il 5 ottobre 1988.
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• All’inizio degli anni ‘90, la fama di Caio si diffuse anche oltre confine. Alcune sue opere furono tradotte a Londra, e Os Dragões Não Sabem o Paraíso, a Parigi, fu tradotta da Claire Cayron. Nel 1992 Caio partì per partecipare a un corso trimestrale presso il MEET (la Maison des Écrivains et Traducteurs Étrangers) di Saint-Nazaire (Francia). Nel 1993, organizzò delle letture delle sue opere ad Amsterdam, Utrecht e L’Aia. Partecipò, a Berlino, al Congresso internazionale su Letteratura e Omosessualità. A Milano, Onde Andará Dulce Veiga?, fu pubblicato da Zanzibar, con la traduzione di Adelina Aletti.
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• Ritornato dall’Europa nel 1994, si ammalò. Febbre, sudorazioni, eczemi, perdita di peso. Si fece visitare da un medico, si sottopose ad esami clinici e dopo una settimana d’attesa angosciosa, apprese di essere sieropositivo. Affetto da aids, tra un ricovero e l’altro, ritorna a vivere dai suoi genitori nella provincia natale: si scopre una passione per il giardinaggio, e si rammenta del suo tentativo di avere un suo piccolo giardino a São Paulo. Lì, vanga, pianta, innaffia. A un vicino che lo credeva morto, disse: «È vero, sono morto. Quello che lei vede non è che un fantasma; io sono ritornato perché non riesco a liberarmi dal giardino, egum, ci resterò errabondo fino alla fine».
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• Nel 1995, giunto al termine d’una breve esistenza, egli scrisse di sè queste parole: «Io sono l’incarnazione d’un luogo comune. Negli anni ‘50, andavo in moto e ballavo il rock. Negli anni ‘60, sono stato arrestato come comunista. Poi sono diventato hippie e ho assunto ogni tipo di droga. Sono passato per una fase «punk» e per una «dance». Non esiste un’esperienza-cliché della mia generazione che io non abbia provato. L’aids non è che il volto-cliché della mia morte.»
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• Caio si spense il 25 febbraio 1996, all’ospedale Mãe de Deus di Porto Alegre, lo stesso giorno di Mário de Andrade. Le sue spoglie riposano al cimitero di São Miguel e Almas.
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• «Scrittore della passione» secondo Lygia Fagundes Telles, Caio Fernando ha dato vita alla sua letteratura sensibile durante gli anni di piombo della dittatura militare, scrivendo senza vergogna sull'amore, la morte, la paura, su un’angosciante solitudine e sull’omosessualità.
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