• Borda da Mata è una cittadina di poche migliaia di abitanti, a sud del Minas Gerais, tra São Paulo e Rio de Janeiro. Donizete vi frequentò le scuole primarie e secondarie presso il Colégio de Nossa Senhora do Carmo, diretto da suore domenicane. Il suo primo contatto con la poesia fu la lettura della poesia Infância di Carlos Drummond de Andrade in seconda elementare e pubblicò le sue prime poesie sul Supplemento letterario del Minas Gerais.
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• Quando suo padre morì nel 1973, egli aveva solo 18 anni. E nel corso dei suoi studi, dovette sempre lavorare, come insegnante. Questa esperienza avrebbe segnato la sua vita e la sua opera. Al termine delle scuole secondarie, partì per andare a studiare economia e commercio a Santa Rita do Sapucaí, non lontano da Borda.
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• Nel 1979, si stabilì a São Paulo, per frequentare l’Università di giornalismo Cásper Líbero. E cominciò a lavorare come redattore pubblicitario presso la Casa Editrice Abril, dove sarebbe rimasto per circa 30 anni.
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• Nel corso degli anni ‘80, pubblicò in differenti antologie, come “Veia Poética”, edita da Wladir Nader, o per il Grupo Poetico de l'Universidade Mackenzie: questo gli valse una certa notorietà sulla scena poetica di São Paulo. La poesia che prediligeva era quella di Fernando Pessoa, Manuel Bandeira, João Cabral de Melo Neto. Egli ammirava anche la poesia di Dante Milano e del poeta del Minas Gerais, Emílio Moura.
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• Si sposò con Ana Tereza Marques e la coppia ebbe due figli: Bruno (nato nel 1984) e Anna Lívia (nata nel 1992).
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• Nel 1988, pubblicò la sua prima raccolta Azul navalha per la quale ricevette dall'APCA (Associação Paulista de Críticos de Arte) il premio "Autore-rivelazione", e fu anche nominato per il premio Jabuti 1989.
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• Nel ventennio successivo, sempre a São Paulo, Donizete si adoperò per conciliare al meglio la sua professione di giornalista con la sua carriera di poeta. Diede alle stampe otto raccolte poetiche, due libri per ragazzi, versi sciolti sui giornali e su supplementi letterari, principalmente in Brasile, ma anche in Messico, Venezuela e Salvador; è presente anche in antologie in Brasile e in Francia.
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• Ma cediamo ora la parola al poeta e giornalista Carlos Machado, titolare dello storico sito "Alguma poesia", che nel corso dei suoi 22 anni di attività, ha dedicato al nostro autore sette articoli sul suo bollettino "Poesia.net":
— Io vedo nella poesia di Donizete Galvão due linee di forza principali che si completano e si rimpinguano. Una è il suo intenso legame con il suo Minas natale ("Non me ne sono mai andato da questo Minas che non finisce mai"), che incrementa una certa nostalgia critica della vita dell’entroterra. "Borda da Mata/ ata-me / Borda da Mata/ mata-me ", canta il poeta in un mantra creato con il nome della sua città d'origine.
— L’altra linea di forza è tracciata dal malessere del poeta di fronte alla vita nella grande città. È sempre percepibile la sua sensazione d’asfissia nelle strade, nelle automobili e negli edifici di vetro. Il punto comune, in queste dimensioni poetiche, è lo sguardo attento ai dettagli dell’esperienza umana.
— [...] si combinano in lui il malessere della vita in campagna (il fardello d’essere un "bue sotto giogo", "un bue sanguinante per il pungolo") e l’angoscia della metropoli, dove lo stesso bue soffre e rumina, ma ora "con badge e contratto sottoscritto" e "anonimo nella mandria della città".
— Un altro aspetto distintivo della poesia di Donizete Galvão è questa adesione ineluttabile alla realtà. Il poeta sa che, in effetti, non c’è nulla da cantare, se non ciò che si vive. È ciò che egli suggerisce al termine di una poesia bellissima, "Mapa", tratta dal libro “Ruminações”: "senza speranza senza consolazione/ con la pazienza d’un bue/ segui il tuo percorso di errori/ tracce di parole/ orme del passaggio/ serpeggiare di frasi/ mappe di dolore e di tormento.".
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• Donizete Galvão è deceduto nella sua casa, nella notte dal mercoledì al giovedì 30 gennaio 2014 per un infarto del miocardio, all’età di 58 anni. Il suo corpo è stato traslato al cimitero Santo Amaro de São Paulo, dove è stato cremato.
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• Chiudiamo con le parole di Donizete, estratte da due interviste. Una fu concessa nel 2003 a Jardel Dias Cavalcanti del sito "Digestivo Cultural" e il poeta, a proposito della propria opera, dichiara:
— Donizete: «Il mio lirismo è passato ad essere più obiettivo, più legato ai corpi, agli animali e alle cose che agli eventi della vita quotidiana [...] io penso che la poesia sia anche fatta d'impurità, di imperfezioni e di rischi. La mia poesia rivaluta ciò che non è poetico, i resti, i rifiuti. Intento anche prescindere da ciò che considero un ornamento o qualcosa d’accessorio»
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• L'altra intervista fu accordata a Rodrigo de Souza Leão, del "Jornal de Poesia":
— Rodrigo: «Nella poesia "Silêncio", lei scrive "Da pedra ser. / Da pedra ter / o duro desejo de durar" (Esser di pietra. / Della pietra avere / il duro desiderio di durare). È più importante durare o voler durare? L’eternità è la massima aspirazione dello scrittore?»
— Donizete: «Tanto per cominciare, devo confessare che il verso "o duro desejo de durar" è un furto. I poeti sono dei ladri. Io l’ho rubato a Paul Éluard che ha scritto un libro con questo titolo. Già Rimbaud chiedeva: "Elle est retrouvée / Quoi ? L'éternité". L’eternità del nome, della gloria, della celebrità, non hanno importanza. Ciò che importa è l’eternità della parola. Che essa perduri destabilizzante, inquietante e capace di commuovere. Noi non conosciamo quasi nulla della vita di Esiodo, di Saffo o di Omero. Quel che permane vivo sono i versi che hanno scritto. Io penso che il poeta si rivolti contro la mancanza di permanenza, contro tutto ciò che termina senza che egli abbia potuto registrarlo. Il sentimento nei confronti della pietra viene da lì. Dal suo potere di persistenza, mentre noi, gli umani, siamo effimeri. Come nel verso di Pindaro, "l’uomo è il sogno di un’ombra" (σκιᾶς ὄναρ / Ἄνθρωπος). Il poeta cerca la parola che permanga. L’ideale, ritengo, è che resti solo la poesia. La biografia può andare perduta.»
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