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Uma actriz [B. B.]
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Un'attrice [B. B.]
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Um mito, veja bem. Um mito.
É esta a crueldade que usam comigo.
Eu, este corpo que se afunda
Na sua decrepitude, sou um mito.
E obrigam-me a assistir, vezes sem conta,
A estas imagens de mim, jovem,
E perguntam-me se tenho saudade
Da minha juventude, que, sei-o agora,
Era já um crepúsculo – magnífico,
Diziam-me, mas já um crepúsculo.
E assim sou um mito e o tempo deve estar a rir-se muito,
Porque um mito é a máscara menos confortável
Para se morrer.
Repare bem, quero ser eu, só eu,
A escrever o meu obituário,
A fazer coincidir o meu canto de cisne,
Como soe dizer-se, com a notícia da minha morte.
Veja bem, fui bela e, agora, sou o oposto dela,
Sou, de ambos os lados do espelho,
A face e o reflexo, que só em aparência
Não coincidem, sou a fábula de um corpo
E a sua moralidade, que não é nenhuma,
Só uma lei natural.
Mas a minha beleza, dizem-me, não era natural,
Era inumana, era eterna.
Estavam enganados e aqui estou, a prova,
Ainda viva, e não sei se estou feliz
Por poder demonstrar-lhes que estavam enganados,
Mas aqui estou, prisioneira de um mito
Que eu própria desminto, embora tarde de mais.
Sou um mito pelo que fui.
Mas só agora sou real.
Não me reconhecem como essa jovem
Ou, então, como a degradação dela,
Como exemplo dessa lepra inelutável,
Dessa justiça tão justamente injusta
Que é o tempo, que nos cobra
O facto de o termos vivido.
Pois veja bem, sou a minha própria cilada,
Sou como o vento a sibilar na folhagem
Para saber que existe,
Para ser sombra nos caminhos.
Sou um mito a desmoronar-se num corpo,
Mas só agora sou real.
É esta a crueldade que usam comigo.
Eu, este corpo que se afunda
Na sua decrepitude, sou um mito.
E obrigam-me a assistir, vezes sem conta,
A estas imagens de mim, jovem,
E perguntam-me se tenho saudade
Da minha juventude, que, sei-o agora,
Era já um crepúsculo – magnífico,
Diziam-me, mas já um crepúsculo.
E assim sou um mito e o tempo deve estar a rir-se muito,
Porque um mito é a máscara menos confortável
Para se morrer.
Repare bem, quero ser eu, só eu,
A escrever o meu obituário,
A fazer coincidir o meu canto de cisne,
Como soe dizer-se, com a notícia da minha morte.
Veja bem, fui bela e, agora, sou o oposto dela,
Sou, de ambos os lados do espelho,
A face e o reflexo, que só em aparência
Não coincidem, sou a fábula de um corpo
E a sua moralidade, que não é nenhuma,
Só uma lei natural.
Mas a minha beleza, dizem-me, não era natural,
Era inumana, era eterna.
Estavam enganados e aqui estou, a prova,
Ainda viva, e não sei se estou feliz
Por poder demonstrar-lhes que estavam enganados,
Mas aqui estou, prisioneira de um mito
Que eu própria desminto, embora tarde de mais.
Sou um mito pelo que fui.
Mas só agora sou real.
Não me reconhecem como essa jovem
Ou, então, como a degradação dela,
Como exemplo dessa lepra inelutável,
Dessa justiça tão justamente injusta
Que é o tempo, que nos cobra
O facto de o termos vivido.
Pois veja bem, sou a minha própria cilada,
Sou como o vento a sibilar na folhagem
Para saber que existe,
Para ser sombra nos caminhos.
Sou um mito a desmoronar-se num corpo,
Mas só agora sou real.
Un mito, bada bene. Un mito.
È questa la crudeltà che usano con me.
Io, questo corpo che sprofonda
Nella sua decrepitezza, io sono un mito.
E mi obbligano a rivedere, senza tregua,
Le immagini di me, quand’ero giovane,
E mi chiedono se provo rimpianto
Della mia gioventù, che, ora lo so,
Era già un crepuscolo – magnifico,
Mi dicevano, ma già un crepuscolo.
E dunque sono un mito e il tempo deve ridersela davvero,
Perché un mito è la meno confortevole delle maschere
Per morire.
E considera, che voglio essere io, ed io soltanto,
A scrivere il mio necrologio,
A far coincidere il mio canto del cigno,
Come si suol dire, con la notizia della mia morte.
Bada bene, io ero bella, ed ora sono l’opposto,
Sono, da entrambi i lati dello specchio,
Il viso e il riflesso che, solo in apparenza,
Non coincidono, sono la favola d’un corpo
E della sua moralità, che altro non è
che una legge di natura.
Ma la mia bellezza, mi dicono, non era naturale,
Non era umana, era eterna.
Si erano sbagliati e la prova è che io sono qui
Ancora in vita, non sapendo se sono felice
di poter loro dimostrare che si erano sbagliati,
Ma eccomi qui, prigioniera di un mito
Che io stessa smentisco, pur se troppo tardi.
Sono un mito per quello che sono stata.
Ma solo adesso io sono reale.
Non mi riconoscono in quella giovane donna
Ma neppure nel suo decadimento,
Esempio di quella lebbra ineluttabile,
Di quella giustizia tanto giustamente ingiusta
Che è il tempo che viene a rinfacciarci
Il fatto d’averlo vissuto.
E poi, lo vedi, io sono la mia stessa insidia,
Io sono come il vento che soffia tra il fogliame
Per sapere che esiste,
Per essere un’ombra sui cammini.
Io sono un mito che si sgretola in un corpo,
Ma solo adesso io sono reale.
È questa la crudeltà che usano con me.
Io, questo corpo che sprofonda
Nella sua decrepitezza, io sono un mito.
E mi obbligano a rivedere, senza tregua,
Le immagini di me, quand’ero giovane,
E mi chiedono se provo rimpianto
Della mia gioventù, che, ora lo so,
Era già un crepuscolo – magnifico,
Mi dicevano, ma già un crepuscolo.
E dunque sono un mito e il tempo deve ridersela davvero,
Perché un mito è la meno confortevole delle maschere
Per morire.
E considera, che voglio essere io, ed io soltanto,
A scrivere il mio necrologio,
A far coincidere il mio canto del cigno,
Come si suol dire, con la notizia della mia morte.
Bada bene, io ero bella, ed ora sono l’opposto,
Sono, da entrambi i lati dello specchio,
Il viso e il riflesso che, solo in apparenza,
Non coincidono, sono la favola d’un corpo
E della sua moralità, che altro non è
che una legge di natura.
Ma la mia bellezza, mi dicono, non era naturale,
Non era umana, era eterna.
Si erano sbagliati e la prova è che io sono qui
Ancora in vita, non sapendo se sono felice
di poter loro dimostrare che si erano sbagliati,
Ma eccomi qui, prigioniera di un mito
Che io stessa smentisco, pur se troppo tardi.
Sono un mito per quello che sono stata.
Ma solo adesso io sono reale.
Non mi riconoscono in quella giovane donna
Ma neppure nel suo decadimento,
Esempio di quella lebbra ineluttabile,
Di quella giustizia tanto giustamente ingiusta
Che è il tempo che viene a rinfacciarci
Il fatto d’averlo vissuto.
E poi, lo vedi, io sono la mia stessa insidia,
Io sono come il vento che soffia tra il fogliame
Per sapere che esiste,
Per essere un’ombra sui cammini.
Io sono un mito che si sgretola in un corpo,
Ma solo adesso io sono reale.
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Andy Warhol Brigitte Bardot (1974) |
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