• «Os lugares da infância, não são lugares de desencantamento» I luoghi dell’infanzia, non sono luoghi di disincanto, dice José, in un’intervista al Giornale 'Público' con Anabela Mota Ribeiro.
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I suoi primi ricordi dell’Angola riguardano l’immensità dello spazio: «Gli spazi dove noi giocavamo liberamente erano enormi», «le case erano grandi. Quasi sempre ho vissuto in comunità, in abitazioni con decine o centinaia di persone», «le case sono sempre crocevia d’incontri e di relazioni».
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• Ricorda anche un viaggio con suo padre: «Nella mia mente io stavo pescando e soffrivo la nausea del principiante, ma guardavo il paesaggio, le spiagge inesplorate, gli scogli, il blu del mare, i fondali marini». «Quella contemplazione ha risvegliato in me una grandissima emozione. Ero stupefatto», non per la bellezza «ma per il mondo in sé stesso. Il mondo come un luogo incantevole, una purezza primordiale, piccolo mondo così vasto in cui, senza saperlo, noi ci costruivamo.»
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• L'Angola era allora una colonia portoghese, ma la guerra d’indipendenza era già cominciata. Alla rivoluzione dei Garofani del 25 aprile 1974, avendo il Portogallo promesso l'indipendenza per le colonie, ci fu un esodo massiccio della popolazione bianca. La famiglia Mendonça fece ritorno a Madeira. José non aveva ancora 10 anni, ma l’esperienza africana l’avrebbe influenzato profondamente. E pur essendo stata, nel complesso, felice, fu tuttavia marcata dal trauma d’essere stato testimone di un omicidio, esperienza che avrebbe poi raccontato nelle sue poesie.
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«Mia nonna è stata la mia prima biblioteca» ci racconta José a proposito della sua scoperta del mondo letterario. Questa donna, che non sapeva né leggere né scrivere, sapeva a memoria parecchi romanzi e racconti orali. «In una recente raccolta di racconti orali di Madeira, uno dei personaggi presenti è proprio mia nonna», ci ha riferito, esprimendo così la sua profonda emozione nel rievocare questo ricordo.
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• Un’altra donna è stata importante per lui. Anch’ella analfabeta, custode della chiesa da lui frequentata, citava spesso il Cantico dei Cantici a memoria. «Un giorno, mi ha recitato questo poema, ed io ne sono rimasto stupefatto, rapito; quelle parole mi hanno colpito». E aggiunge «c’è un prima e un dopo quel momento.» Più avanti, nel corso dei suoi studi di Teologia, l’avrebbe studiato e tradotto dall’ebraico al portoghese.
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• Tornato alla sua isola, a 11 anni, José entrò nel seminario di Funchal. Qui scoprì un’altra biblioteca, con autori che avrebbero alimentato la sua sensibilità, come Herberto Hélder, un poeta di Madeira e, per lui, una figura centrale; Fernando Pessoa, Sophia de Mello Breyner Andresen, per la chiarezza del suo stile e il suo senso del sacro, Rainer Maria Rilke, Emily Dickinson, San Giovanni della Croce; Teresa d'Avila e la Bibbia.
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• A 16 anni, nel 1982, compose la sua prima poesia A infância de Herberto Helder «non sapevo niente, sapevo solamente che amavo Herberto Hélder» e la poesia parla della sua stessa infanzia che egli identifica con quella di Herberto. Il primo verso della poesia è: In principio era l’isola. In quello stesso anno, José partì per intraprendere gli studi di Teologia alla UCP di Lisbona.
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• Nel 1990 José, dopo aver conseguito la laurea in Teologia, è stato ordinato presbitero della diocesi di Funchal a Madeira. In quello stesso anno, ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie O dias contados per il quale gli è stato conferito il Premio Città di Lisbona.
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• D’ora in poi, José avrebbe seguito due percorsi, due cammini paralleli. Il cammino episcopale e il cammino poetico. Menzioneremo qui solo le principali tappe del suo percorso. Per informazioni più dettagliate, si consulti la biografia a lui dedicata sul sito wikipedia in italiano.
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• 1992 Consegue un master in studi biblici al Pontificio Istituto Biblico (PIB) di Roma, e continua a ricoprire incarichi pastorali nella parrocchia di Nossa Senhora do Livramento (Funchal) fino al 1995.
• 1997 inizio delle sue attività di docenza presso l’Università Cattolica Portoghese (UCP) di Lisbona. Dà alle stampe una seconda raccolta poetica Longe não sabia; pubblica Cântico dos Cânticos, da lui tradotto dall’ebraico al portoghese.
• 2004 Discute la sua tesi in teologia biblica all’UCP; pubblica A estrada blanca
• 2006-2010 Viene nominato rettore della Capela do Rato a Lisbona, scrive O viajante sem sono (2009) la sua più conosciuta raccolta poetica, più volte rieditata; participa all'incontro degli artisti con papa Benedetto XVI, nella Cappella Sistina.
• 2015-2016 Diventa vicerettore dell'UCP, ma continua ad insegnarvi. Pubblica il libro di poesia Teoria da fronteira, una riflessione sui passaggi e sui confini.
• 2018 Pubblica Elogio da sede (Elogio della sete), esercizi spirituali, prediche e preghiere, con prefazione di Papa Francesco. È nominato archivista e bibliotecario della Chiesa Romana.
• 2019 Già elevato al rango di arcivescovo, viene ordinato cardinale da Papa Francesco, poi nominato prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, (essendo questo dicastero un organismo costitutivo della Curia romana).
• 2021 Continua a pubblicare, particolarmente sui temi della fragilità, dell'esilio e della memoria. Le sue raccolte sono tradotte in italiano, spagnolo e francese.
• 2023 La sua opera completa viene omaggiata del Premio Pessoa, il più alto riconoscimento culturale del Portogallo.
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• Sul sito del Collegio dei Cardinali (Cardinalium collegii), a proposito di José, si afferma che egli «ha suscitato una vivace controversia nel corso della sua vita sacerdotale, in special modo per la sua simpatia per gli approcci eterodossi e tolleranti dell'omosessualità (sebbene non venga mai contraddetto pubblicamente l’insegnamento della Chiesa su questo argomento), così come il suo sodalizio con una suora benedettina femminista radicale che appoggia l’aborto, l’ordinazione delle donne, il matrimonio omosessuale e l’adozione per le coppie dello stesso sesso. Egli ritiene che questi atteggiamenti facciano parte della volontà di coinvolgere la Chiesa in un dialogo con la cultura contemporanea».
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• In relazione alla sue ammirazioni e ai suoi gusti letterari o cinematografici, è di pubblico dominio che egli ami e apprezzi autori come Pier Paolo Pasolini o Flannery O'Connor.
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• Così su Público: «Io penso che Pasolini sia stato per me un maestro (io lo leggo continuamente, ho una biblioteca che vado integrando con tutto quello che esce di nuovo sulla sua opera): quando ha realizzato Il Vangelo secondo Matteo, ho molto riflettuto sulla sua maniera di trattare l’esperienza del sacro. La prima via che ha battuto, con la scena del battesimo, girata a Viterbo, segue uno stile tradizionale. Con un carattere estatico, solenne, ierofatico. Ha girato questa scena, poi è precipitato in una grande crisi creativa. Finché si è reso conto che il solo modo di filmare il sacro era di filmare il profano. Come quando si descrive la realtà. Questa fase è stata decisiva. Ciò che noi vediamo nel cinema di Pasolini, è che egli filma il sacro con l’oculare del profano. E filma il profano con l’oculare del sacro».
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• Sempre su Público: «Noi siamo meschini, banali, egocentrici, pieni di risentimenti. Se non ne prendiamo coscienza, non possiamo trasformarci. La prima condizione di una trasformazione è la nudità. Essere capaci di dire e mostrare la propria realtà. Io amo profondamente Flannery O'Connor, che rappresenta per me, accanto a Pasolini, un maestro spirituale. Ella mette in mostra un mondo che io direi mostruoso. Degli assassini seriali. Gente capace di qualunque cosa. E “questo mondo, siamo noi". Finché non avviene l’incontro con la grazia. È questo incontro che trasforma la nostra vita. Io penso che non possiamo dividere l’umanità tra uomini buoni e uomini cattivi. Non ci sono cattivi ragazzi - come ha detto padre Américo (questo personaggio tutelare di un certo ventesimo secolo portoghese). Esiste l’esperienza del male, che è comune a tutti, che ci attraversa, ci corrompe, così spesso ci domina.»
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