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A alegria dos pés na terra molhada
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La gioia dei piedi sulla terra bagnata
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Quando as palavras se deixam possuir
como se fossem raízes e ossos leves que trepam à montanha ouço a infância, o som do berlinde, a flauta do anjo anunciador da chuva e a formiga da mãe a enxotar-me para a escola onde aprendi a ler no quadro da janela as metamorfoses do céu. A poesia escreve-se copiando os mestres, imitando mal as fontes naturais: as patas da água descendo pela serra; a melopeia silenciosa do azeite; a boca do vento nas telhas da velha casa do monte; a chama interior dos cavalos e dos cães da família: de manhã pela mão do avô eu partia de visita às árvores e aos pássaros — esta é uma cerejeira, aquela, a dona nogueira, olha um picanço! a que parece muito cansada é a figueira, Vamos comer um? O avô pegava nele como se fosse um animalzinho acabado de nascer, um pássaro com pétalas e já morto na boca sedenta e logo saciada. Um figo é uma dádiva do sol e da terra e da nossa humilde fome, e tudo são figos, ah não comas, não comas nunca nada sem fome. Ouço — aprendi nesses dias a ouvir o melhor da infância: água na língua quando a morte é gémea e se aproxima. |
Quando le parole si lasciano possedere
come se fossero radici e ossa leggere che salgono la montagna risento l’infanzia, il suono delle bilie, il flauto dell’angelo che annuncia la pioggia e la mia mamma solerte che mi sprona ad andare a scuola dove ho imparato a leggere nel riquadro della finestra le metamorfosi del cielo. La poesia si scrive copiando i maestri, imitando male le fonti naturali: le zampe dell’acqua che scendono i declivi; la melopea silenziosa dell’olio; la bocca del vento sulle tegole della vecchia casa di montagna; la fiamma interiore dei cavalli e dei cani di famiglia: al mattino, tenuto per mano dal nonno, io andavo in visita agli alberi e agli uccelli — questo è un ciliegio, quello un signor noce, guarda un’averla! quello che sembra molto stanco è un albero di fico. Andiamo a mangiarne uno? Il nonno lo coglieva come se fosse un animaletto appena nato, un uccello coi petali e subito morto nella bocca assetata e presto sazia. Un fico è un dono del sole e della terra e della nostra umile fame, e ogni cosa è un fico, ah non mangiare, non mangiare mai nulla senza fame. Risento — ho imparato in questi giorni a sentire il meglio dell’infanzia: acqua sulla lingua quando la morte è gemella e si avvicina. |
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Berthe Morisot Eugene Manet con la figlia in giardino (1883) |
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