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Fábula
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Favola
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Seria Janeiro e a chuva era tanta
E as gaivotas eram tantas,
Fugidas à procela que se apoderara
Do coração das vagas.
Brilhava o espanto do gato amarelo,
Senhor do telhado à direita,
Ante aquelas criaturas,
Derradeira graça, derradeira leveza.
Seria Janeiro e a chuva era tanta,
Bálsamo sobre a terra,
Apocalipse sobre as cidades.
E tu? Não serias mais do que aparição,
Liberta pela chuva dos grilhões da terra;
Vinda até mim, oferecias-me
A antiga e efémera aliança dos lábios,
A transmigração do sangue.
Havia tantas gaivotas, eram tantas
Que todos os dias eu te falava delas
E algo do seu voo, da sua inquietação,
Da sua desesperada busca,
Se apossava um pouco mais de ti.
Depois – seria Janeiro? – a chuva partiu
E também as gaivotas e também tu
E foi-se o espanto do gato amarelo,
Abatidos ambos num canil.
Mais não me restou do que a submissão
E na minha carne continuou a ecoar
A agonia pestilenta das cidades,
Que vão devorando a terra
Com a aridez do fumo e do vidro calcinado.
Só às vezes me surgem, espectrais, as imagens
Produzidas pelo mundo de uma fábula
Invisível e imperscrutável,
Onde estás tu e as gaivotas e o gato amarelo e a chuva,
Como se só eu tivesse partido.
E as gaivotas eram tantas,
Fugidas à procela que se apoderara
Do coração das vagas.
Brilhava o espanto do gato amarelo,
Senhor do telhado à direita,
Ante aquelas criaturas,
Derradeira graça, derradeira leveza.
Seria Janeiro e a chuva era tanta,
Bálsamo sobre a terra,
Apocalipse sobre as cidades.
E tu? Não serias mais do que aparição,
Liberta pela chuva dos grilhões da terra;
Vinda até mim, oferecias-me
A antiga e efémera aliança dos lábios,
A transmigração do sangue.
Havia tantas gaivotas, eram tantas
Que todos os dias eu te falava delas
E algo do seu voo, da sua inquietação,
Da sua desesperada busca,
Se apossava um pouco mais de ti.
Depois – seria Janeiro? – a chuva partiu
E também as gaivotas e também tu
E foi-se o espanto do gato amarelo,
Abatidos ambos num canil.
Mais não me restou do que a submissão
E na minha carne continuou a ecoar
A agonia pestilenta das cidades,
Que vão devorando a terra
Com a aridez do fumo e do vidro calcinado.
Só às vezes me surgem, espectrais, as imagens
Produzidas pelo mundo de uma fábula
Invisível e imperscrutável,
Onde estás tu e as gaivotas e o gato amarelo e a chuva,
Como se só eu tivesse partido.
Era gennaio e la pioggia era tanta
E i gabbiani erano tanti,
Sfuggiti alla tormenta che s’era impadronita
Del cuore delle onde.
Brillava lo stupore del gatto giallo,
Signore del tetto sulla destra,
Davanti a quelle creature,
Estrema grazia, estrema leggerezza.
Era gennaio e la pioggia era tanta,
Balsamo sulla terra,
Apocalisse sopra le città.
E tu? Non fosti altro che un’apparizione,
Liberata con la pioggia dalle grate della terra;
Giunta fino a me, mi offristi
L’antica ed effimera alleanza delle labbra,
La trasmigrazione del sangue.
C’erano tanti gabbiani, erano così tanti
Che tutti i giorni io te ne parlavo
E qualcosa del loro volo, della loro agitazione,
Della loro disperata ricerca,
S’impadroniva un po’ di più di te.
E poi – era gennaio? – la pioggia se ne andò
Ed anche i gabbiani ed anche tu
E se ne andò lo stupore del gatto giallo,
Abbattuti entrambi in un canile.
Non mi restò nient’altro che la sottomissione
E nella mia carne continuò a riecheggiare
L’agonia pestilenziale delle città,
Che seguitano a divorare la terra
Con l’aridità del fumo e del vetro calcinato.
Solo a volte, spettrali, mi si ripresentano le immagini
Generate dal mondo di una favola
Invisibile e imperscrutabile,
Dove ci sei tu e i gabbiani e il gatto giallo e la pioggia,
Come se io soltanto me ne fossi andato.
E i gabbiani erano tanti,
Sfuggiti alla tormenta che s’era impadronita
Del cuore delle onde.
Brillava lo stupore del gatto giallo,
Signore del tetto sulla destra,
Davanti a quelle creature,
Estrema grazia, estrema leggerezza.
Era gennaio e la pioggia era tanta,
Balsamo sulla terra,
Apocalisse sopra le città.
E tu? Non fosti altro che un’apparizione,
Liberata con la pioggia dalle grate della terra;
Giunta fino a me, mi offristi
L’antica ed effimera alleanza delle labbra,
La trasmigrazione del sangue.
C’erano tanti gabbiani, erano così tanti
Che tutti i giorni io te ne parlavo
E qualcosa del loro volo, della loro agitazione,
Della loro disperata ricerca,
S’impadroniva un po’ di più di te.
E poi – era gennaio? – la pioggia se ne andò
Ed anche i gabbiani ed anche tu
E se ne andò lo stupore del gatto giallo,
Abbattuti entrambi in un canile.
Non mi restò nient’altro che la sottomissione
E nella mia carne continuò a riecheggiare
L’agonia pestilenziale delle città,
Che seguitano a divorare la terra
Con l’aridità del fumo e del vetro calcinato.
Solo a volte, spettrali, mi si ripresentano le immagini
Generate dal mondo di una favola
Invisibile e imperscrutabile,
Dove ci sei tu e i gabbiani e il gatto giallo e la pioggia,
Come se io soltanto me ne fossi andato.
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Guillaume Rist Il gatto vola (2017) |
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